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San Ranieri: dalla sregolatezza alla fede. La storia del santo patrono della città

Gli anni dei folli divertimenti. La conversione, il periodo in Terra Santa ed il ritorno a Pisa. E poi ancora il culto, la Luminara e le leggende. La storia di San Ranieri è tutta da scoprire

Pisa, si sa, racchiude dentro di sé una doppia anima. Quella altera, austera e nobile del grande trascorso da Repubblica marinara, con una delle università più antiche e prestigiose d'Italia, corredata da un patrimonio artistico straordinariamente vasto per una città di modeste dimensioni. E poi c'è quella scanzonata, allegra, a tratti provocatoria, capace di strappare una risata anche nei momenti più tesi e delicati.

Una doppia anima che si ritrova anche nella storia e nelle celebrazioni dedicate al santo patrono della città: San Ranieri. E anche nella scelta della figura a cui affidare la propria protezione, i pisani non hanno mancato di scegliere grazie al mix di austerità e canzoneria.

1. Gioventù dissoluta

Ranieri Scacceri nacque a Pisa nel 1118 da Mingarda Buzzacherini e Gandolfo Scacceri, che aveva saputo affermarsi come uno dei mercanti più ricchi e potenti della città. I genitori immaginavano per il loro unico figlio un futuro radioso, protagonista nelle sorti del dominio commerciale pisano sul Mediterraneo. Ranieri però non era dello stesso avviso. Nonostante Mingarda e Gandolfo lo avessero affiancato a don Enrico di San Martino in Kinzica (uno dei quartieri più antichi della città, situato dove oggi sorge la parte di Mezzogiorno), il figlio di buona famiglia agli studi preferiva la musica, il canto e i divertimenti.

Ranieri divenne un abile suonatore della 'ghironda', uno strumento musicale oggi scomparso, che ricordava l'odierno violino: una ruota ricoperta di pece, azionata da una manovella, produceva il suono sfregando le corde, la cui altezza variava grazie ad alcuni tasti che si trovavano sul corpo dello strumento. Ranieri - come ci ricorda il suo biografo ufficiale, Benincasa, canonico e suo devoto discepolo dopo la conversione alla vita religiosa - amava bighellonare per le strade e i vicoli di Pisa con gli amici, arrivando spesso a non rientrare neanche a casa per la notte.

2. L'incontro con l'eremita Alberto 

Per il ritorno di Ranieri sulla retta via tanto auspicata dai genitori, e la successiva folgorazione della fede, fu determinante un incontro avvenuto intorno ai 19 di età. Il rampollo incrociò la propria strada con Alberto Leccapecore, un eremita che in quel periodo stava predicando a Pisa. Alberto era un un nobile corso che, dopo aver assistito alla morte del fratello durante uno scontro armato, aveva deciso di abbandonare tutti i suoi beni e di darsi a una vita di penitenza. Ranieri lo vide per la prima volta mentre si trovava a casa di una parente in un luogo detto Arsiccio, un toponimo generico (allude a un terreno bruciato, arso), tradizionalmente identificato con la zona corrispondente all'attuale Cisanello, ma potrebbe ragionevolmente collocarsi anche dalla parte opposta della città, verso la zona di Barbaricina.

Appena  vide Alberto, Ranieri  gli corse dietro per parlargli, ma non riuscì a raggiungerlo che in S.Vito. E qui avvenne il colloquio che cambiò la sua vita. Alberto, fra l'altro, invitò Ranieri e recarsi dal priore di  S.Jacopo 'in Orticaria', un sacerdote di provata esperienza, per una completa confessione dei suoi peccati, in seguito alla quale visse un periodo di profondo travaglio interiore, che i genitori pensarono fosse dovuto a infermità mentale. In seguito, pur profondamente trasformato, riprese la vita consueta, intensificando però le pratiche religiose.

3. La folgorazione della fede in Terra Santa

Subito dopo l'incontro con Alberto, Ranieri partì per l'Oriente. Pisa all'epoca aveva intessuto dei proficui rapporti commerciali con tutta la zona costiera oggi appartenente alla Siria, Israele e Libano, e lì il giovane pisano portò avanti gli affari di famiglia.

Poi venne la chiamata divina e abbandonò tutto per seguirla, recandosi prima a Tiro e poi a Gerusalemme. Appena arrivato nella Città Santa, andò nella cappella del Golgotha, all'interno della basilica del Santo Sepolcro, dove si spogliò delle ricche vesti e indossò l'abito del penitente, cioè la pilurica o sclavinia. Era un venerdì santo, probabilmente del 1140. Da quel momento si dedicò alla preghiera e alla meditazione sulla vita di Gesù. Visitò anche i principali luoghi santi, come Betlemme, Nazareth, il Tabor, il Monte della Quarantena, ma per gran parte del periodo trascorso in Terrasanta preferì risiedere presso la basilica del Santo Sepolcro, dedicandosi giorno e notte alla preghiera.

4. Il ritorno a Pisa

Dopo molti anni, Ranieri sentì il bisogno di tornare a Pisa per raccontare ai concittadini la sua esperienza spirituale, per comunicare loro ciò che aveva udito dalla viva voce di Dio e per assumere, in loro favore, il ruolo di intercessore, di predicatore e di pacificatore. Poi venne  un esplicito mandato divino e la decisione divenne definitiva. Così si imbarcò ad Accon sulla galea di Ranieri Bottaccio, che era stato inviato dal Comune pisano come ambasciatore presso il califfato d’Egitto, e tornò a Pisa. Era il 1154.

Già prima del suo arrivo, a Pisa si era sparsa la voce della sua santità: a Gerusalemme, negli ultimi tempi del suo soggiorno, Ranieri incontrava spesso i pisani, parlava con loro e chiedeva notizie della sua città. E chiaro che costoro, tornati in patria, raccontavano certamente la storia del loro concittadino Ranieri che si era distinto per una vita esemplare. Secondo il suo biografo Benincasa, il santo fu accolto con grandi onori dai canonici del Duomo, che lo invitarono a pranzo e ascoltarono, riuniti in Capitolo, un suo discorso. 

5. La manifestazione dei poteri miracolosi

Per un anno Ranieri fu ospitato dai monaci vittorini di S. Andrea in Kinzica. Qui, dodici mesi esatti dopo il suo arrivo, cominciarono improvvisamente ad arrivare i primi devoti, attirati dal manifestarsi dei suoi poteri taumaturgici. Poi, per ispirazione divina, decise di tornare in S.Vito, dove era avvenuto l'incontro con Alberto che aveva cambiato la sua vita. Non vi entrò, però, come religioso, né come converso o oblato, ma rimase laico.

Trascorse gli ultimi anni della sua vita dedicandosi intensamente a una predicazione di carattere morale-esortativo e ricevendo, in S.Vito, un numero enorme di devoti e ammiratori, che si recavano da lui per ascoltarlo – spesso, secondo Benincasa, stavano davanti a S.Vito tutto il giorno, anche durante la calura estiva – sperando magari di beneficiare di uno dei numerosissimi miracoli che lo avevano reso famoso. Benincasa dedicò alle opere di Ranieri a Pisa tutta la seconda parte della biografia, nella quale racconta di 136 miracoli, gran parte dei quali avvenuti dopo la morte. Si trattava soprattutto di guarigioni, ma c'era anche un buon numero di miracoli a favore di naviganti. I beneficiari furono prevalentemente 'populares', cioè rappresentanti dei ceti minori: lavoratori, artigiani e professionisti. Pochi, invece, i nobili. Molti miracoli avvennero per mezzo dell'acqua, benedetta da Ranieri mentre era in vita e dai custodi della sua tomba, in cattedrale, dopo la morte.

6. La devozione popolare dopo la morte

Il 17 giugno 1160 Ranieri morì, e la città gli tributò un funerale degno di un re. Le solenni esequie vennero officiate dal vescovo Villano, alla presenza di tutto il clero pisano e di una folla enorme che assistettero alla sepoltura della salma del laico. Solo cinque anni dopo la morte ebbe luogo la prima traslazione, in un sepolcro donato dai notabili della città, segno della crescente popolarità del santo e della devozione dei pisani. Il 'dies natalis', cioè il giorno della morte di Ranieri, diventò subito una festa importante per la chiesa pisana. Nel secolo 13° si moltiplicano i segni della devozione a Ranieri: chiese e oratori, ospedali, confraternite attestavano l'ormai avvenuto radicamento del culto e la sua progressiva espansione. Nel 1286 la Repubblica intervenne per regolamentare la festa. Nel 'Breve Pisani Communis' di quell'anno venne stabilito l'obbligo di osservare la ricorrenza del 17 giugno.

Agli inizi del secolo 14° fu costruito un nuovo e grandioso sepolcro all'interno del Duomo, capolavoro di Tino di Camaino, completato nel 1306. L'opera, che era costituita da un sarcofago tripartito a bassorilievo poggiato su mensole, sovrastato da un frontone, fu collocata originariamente nella parete sud del transetto destro, dove adesso campeggia una copia: l'originale è attualmente conservato nel Museo dell'Opera della Primaziale. Alla seconda metà 1300 risalgono le 'Storie di san Ranieri' affrescate  nel Camposanto Monumentale da Andrea di Buonaiuto da Firenze e, dopo la sua morte (1378), da Antonio di Francesco, meglio noto come Antonio Veneziano, con cartigli che ne illustravano il significato.

7. Santo patrono, a discapito di San Sisto

Pisa e tutta la sua popolazione sin dall'anno Mille avevano identificato la protezione delle sorti della città e di tutte le sue ricchezze con la figura di San Sisto. Un evento storico però fece cadere disgrazia il settimo pontefice cattolico. Il 6 agosto 1284, giorno delle celebrazioni del santo a cui Pisa aveva legato le proprie fortune militari e commerciali, venne combattuta una battaglia campale tra le Repubblica e Genova al largo della costa livornese. La battaglia della Meloria si concluse con la sconfitta della flotta pisana, ed è una convenzione ormai accettata dai più che con da quella data iniziò la fase di declino per la potenza commerciale e marittima di Pisa, che si concluse poi con la conquista da parte di Firenze.

All'epoca della sconfitta il popolo pisano, oltre ai colpevoli delle scelte di campo, sentirono il bisogno di trovare anche un'altra figura a cui addossare il demerito di non aver protetto la buona stella della Repubblica. E questa colpa ricadde proprio su San Sisto, che fino a quel momento era stato invece il tramite delle conquiste più prestigiose. Per questo motivo la popolazione si allontanò progressivamente dal culto e l'esaltazione di San Sisto, per accostarsi invece con sempre maggiore devozione alla figura di Ranieri Scacceri, innalzandolo a nuovo patrono 'di fatto' della città. La ratifica finale di questo culto avvenne con l'assenso della Sacra Congregazione dei Riti, che dette il via libera all'arcivescovo di Pisa e a tutto il clero cittadino affinché venisse celebrata la funzione di assunzione a santo patrono. La salma di Ranieri nel 1688 venne traslata sull'altare maggiore della cattedrale, e per onorare il protettore durante la processione tutta la città si illuminò con le fiammelle di migliaia di lumini (in pisano 'lampanini'). Nacque così quella che ormai è diventato uno spettacolo ammirato e conosciuto ben al di fuori dei confini pisani: la meraviglia della Luminara.

8. Il culto e le credenze

Il culto di San Ranieri è praticamente circoscritto alla sola città di Pisa ed al territorio circostante. Proprio questa caratteristica ha permesso, nel corso dei secoli, la proliferazione di usi, costumi, celebrazioni e leggende legate alla figura del mercante pisano che sono arrivati fino a noi. Alcune fonti fanno risalire la Luminara addirittura al 1337, ma si può prendere per certa la data del 1688, anno in cui il granduca Cosimo I volle che l'urna contenente i resti del santo venisse sostituita con una più sfarzosa e ricca.

La festa della Luminara venne abolita nel 1867, e riprese soltanto nel 1937, per poi essere di nuovo sospesa in corrispondenza della guerra mondiale. La celebrazione tornò in vita nel 1952, ma i danni dell'esondazione dell'Arno nel 1966 la bloccarono nuovamente fino al 1969. Questa festa cade il 16 giugno, ed il giorno successivo le barche dei quartieri storici di Pisa si sfidano sulle acque dell'Arno per il celebre 'Palio di San Ranieri'. Queste due ricorrenze vanno ad inserirsi nel panorama più vasto del 'Giugno Pisano'.

In ultimo le credenze. Ce ne sono due, in particolare, che fanno di San Ranieri una figura emblematica del carattere particolare di Pisa e della sua popolazione. La tradizione assegna al santo, oltre alla protezione della città della Torre, anche quella dei ladri. Si narra infatti che Ranieri sottrasse senza permesso una forma di formaggio dalla tavola di una ricca famiglia per consegnarla ai poveri della città. I commensali però se ne accorsero e con un'affilata lama tagliarono una parte del mignolo dalla mano del santo. La seconda credenza è quella della 'burrasca di San Ranieri'. Se, alla vigilia delle celebrazioni della Luminara, su Pisa si scatena una pioggia fitta e intensa, la popolazione ne assegna la patria potestà al santo, desideroso di mettere alla prova la devozione della sua città.

Fonti: Comune di Pisa, www.associazioneamicidipisa.it


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