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Piazza Martiri della Libertà: un 'salotto' elegante voluto dai Lorena

La storia della piazza parte da un monastero profanato, ricondotto a nuova vita da Napoleone Bonaparte. L'edificio venne abbattuto dai granduchi per regalare alla città un luogo in cui ritrovarsi

Incamminandoci da via San Francesco, una delle porte di accesso alla città, verso il suo centro storico, difficilmente non si viene attratti da un'apertura che dà ai palazzi e agli edifici uno sbocco luminoso. Il nostro cammino ci ha appena condotti in Piazza Martiri della Libertà, uno dei luoghi preferiti sia dai cittadini che dai turisti per trascorrere un po' di tempo in totale relax. Non tutti sanno, forse, che la storia di questa piazza è molto curiosa e particolare.

1. Il monastero e Napoleone

In origine non esisteva lo spiazzo oggi dedicato ai 'Martiri della Libertà', perché lo spazio era occupato in gran parte dal monastero di San Lorenzo. Questo edificio venne profanato sul finire del '700, e poi per volere di Napoleone Bonaparte venne adibito a sede del Dipartimento del Mediterraneo. Si trattava, in parole molto semplici, dell'erede imperiale del Regno di Toscana, e può essere considerato come l'antico antenato delle province di Pisa e Livorno. Nel periodo di attività il Dipartimento venne suddiviso in tre macroaree, corrispondenti agli odierni capoluoghi e Volterra. L'ente venne poi definitivamente cancellato in seguito alla caduta di Bonaparte nel 1814.

Se si risale ancora più in alto sulla linea del tempo, si può riscontrare che il sito dove oggi si estende Piazza Martiri della Libertà era occupato dall'insediamento della Pisa romana, tanto da essere indicata durante il medioevo come 'civitate vetera'.

2. Il ritorno del Granducato e l'avvio del progetto

Con la fine dell'impero napoleonico, ebbe inizio un nuovo periodo storico definito 'Restaurazione'. In Toscana, nello specifico, venne riportato in auge il Granducato, posto sotto il controllo della casata dei Lorena. Una delle prime azioni condotte dal granduca Ferdinando III fu l'abbattimento definitivo del monastero di San Lorenzo e la creazione, al suo posto, di una piazza dedicata all'utilizzo della popolazione pisana.

Ferdinando decise di donare gratuitamente il nuovo spazio alla città, organizzando un comitato adibito allo studio del progetto. Il 30 gennaio 1815 venne formata una 'deputazione' composta da esperti ed illustri pisani quali Lanfranchi, Ceuli, Venerosi e Pesciolini, con il compito di concertare insieme all'Ufficio Fiumi e Fossi e all'amministrazione dei beni ecclesiastici la fattibilità del progetto. L'anno successivo venne formata una seconda 'deputazione' con l'incarico di raccogliere fondi e donazioni pubbliche per la realizzazione effettiva del progetto.

3. A chi assegnare l'incarico?

Tommaso Poschi, presidente della neonata Accademia delle Belle Arti, seguiva con grande interesse lo sviluppo del progetto intorno alla nuova piazza da allestire nel centro di Pisa. Offrì così all'attenzione del granduca e dei responsabili una prima bozza, che però venne respinta con decisione nonostante non avesse richiesto pagamenti in cambio dei lavori. Il concorso bandito da Ferdinando III nel frattempo elesse a vincitore tale Spampani, il cui progetto però risultò essere economicamente troppo dispendioso.

Poschi allora tentò di scavalcare l'autorità dei responsabili del comitato, rivolgendosi direttamente al governo del granduca per chiedere l'approvazione al suo progetto. Nel 1819 però arrivò il secondo netto divieto da parte delle autorità a procedere con i lavori. Nel mentre la piazza, ancora completamente disadorna e male organizzata, era stata concessa in uso per cinque anni ad alcuni domatori di cavalli, sollevando le proteste della cittadinanza pisana che, delusa nelle sue aspettative, reclamava un spazio 'decente e ornato' per il passeggio dei pedoni. Si giunse addirittura nel 1826 ad un'istanza di privati cittadini che, appellandosi alla munificenza del granduca, lamentarono lo stato di abbandono e incuria della piazza.

4. L'avvio dei lavori

Lo stallo venne superato grazie all'energica azione del Magistrato Comunitativo, una sorta di soprintendente ante litteram, che formò una nuova 'deputazione' al fine di raccogliere i fondi necessari per raggiungere la cifra stimata per l'avvio dei lavori. Accanto a questo obiettivo, si raggiunse anche quello di raccogliere dei progetti realmente fattibili. 

Tra tutti quelli presentati, il piano giudicato più vicino ai canoni urbanistici ed estetici richiesti dal granduca, e rispettoso dei parametri fissati dalle finanze a disposizione, fu quello approntato dall'architetto Alessandro Gherardesca. Lo studio del professionista pisano prevedeva i seguenti interventi: aumentare la piantumazione dei platani secondo un disegno regolare e impedire per mezzo di catene l'ingresso in piazza ai barrocci e ai carri, compresi i mal sopportati domatori di cavalli; abbassare l'area e renderla di figura concava per collocarvi al centro una fontana monumentale; chiudere la piazza circondandola con sedili in marmoricoprire di ghiaia il viale racchiuso dai platani destinato al passeggio dei pedoni e formarne uno nuovo, per il passaggio delle carrozze, interposto tra gli alberi e il prato; tracciare vialetti, anch'essi in ghiaia, che partendo dal viale alberato che circondava la piazza confluissero al punto in cui era prevista la fontana.

A conclusione dell'arredo della piazza c'era la realizzazione della statua di Leopoldo I (1829), per la quale si organizzò una raccolta di fondi estesa a tutta la Toscana. All'inaugurazione conclusiva della piazza, avvenuta nel 1833, partecipò Leopoldo II con la moglie Maria Antonietta e per l'occasione venne organizzata una cerimonia pubblica.

5. La piazza oggi

Il tessuto edilizio che costituisce i confini della piazza ben si sposa con lo stile voluto al momento della progettazione del nuovo spazio pubblico. Su tutto il lato nord si estende il complesso medievale dell'ex-monastero femminile di Sant' Anna – oggi sede dell'omonima scuola di perfezionamento; su quello est la duecentesca chiesa di Santa Caterina d'Alessandria e la piazzetta antistante ricavata dalla demolizione di alcuni edifici e destinata ad area cimiteriale già in epoca medievale. Sempre sul lato est è ancora visibile il piccolo oratorio della Compagnia del Crocione, soppresso nel 1782 e oggi sala-teatro.

Proprio la chiesa dedicata a Santa Caterina ha dato, nell'uso popolare, anche il nome a tutta la zona, nonostante si trovi in una posizione fortemente decentrata rispetto alla piazza vera e propria. Fu costruita agli inizi del 13° secolo insieme all'annesso convento. Venne pensato come edificio volto alla predicazione, oltre che alle liturgie e alla sepoltura. La facciata, terminata nella prima metà del 14° secolo, è decorata con marmi bianchi di San Giuliano scanditi su fasce bicrome bianco-grigie, che sviluppano il tema decorativo della chiesa in chiave gotica.

Sull'altare maggiore si trovava anticamente il grande polittico firmato da Simone Martini; mentre per la cappella di San Domenico (ora cappella dei Caduti) era stato realizzato il dossale con San Domenico e storie della sua vita firmato e datato da Francesco Traini, entrambi conservati al Museo di San Matteo.

Fonte: F. Paliaga, S. Renzoni, Chiese di Pisa. Guida alla conoscenza del patrimonio artistico, ETS, Pisa 2005

Renzoni S. Appunti per una storia dell'architettura a Pisa nella prima metà dell'Ottocento, in Una città tra provincia e mutamento. Società, cultura e istituzioni a Pisa nell'età della Restaurazione (Catalogo della mostra), Pisa 1985


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